Io abito in Umbria, sono una donna di 66 anni in pensione da tre anni e sono sposata con un uomo di 64 anni; sono diventata caregiver di mio marito nel momento in cui gli è stata diagnosticata la malattia.
Ad ottobre del 2019, a seguito ecografia addominale e a seguito tac addome il medico di famiglia ci ha comunicato che mio marito aveva un adenocarcinoma al corpo-coda del pancreas con infiltrazione del tripode celiaco. Appena ricevuta la diagnosi (che mi è stata comunicata qualche giorno prima che a mio marito) ho cercato di superare il momento di smarrimento e di disperazione e ho cercato di agire con calma, ma nello stesso tempo con determinazione. Dopo qualche giorno l’ho comunicato ai miei figli (mia figlia di anni 34 e mio figlio di anni 32) che mi sono stati sempre accanto e hanno condiviso le mie decisioni.
Insieme al mio medico abbiamo deciso di prendere un appuntamento al San Raffaele a Milano per una visita oncologica, a cui è seguita, a breve termine un’ecoendoscopia, che ha confermato la precedente diagnosi: “adenocarcinoma del pancreas con metastasi al fegato”.
Io ho cercato in tutti i modi di conoscere (tramite internet) i migliori centri in Italia, ma mi sono resa subito conto che mio marito non poteva affrontare un intervento e poteva soltanto sottoporsi a chemioterapia. L’oncologo del San Raffaele ci ha prescritto il tipo di chemioterapia da intraprendere, senza accennare minimamente ad un eventuale intervento.
Tornati nella nostra città abbiamo deciso di intraprendere la chemioterapia presso l’Ospedale “S. Matteo degli Infermi” a Spoleto, perché essendo un piccolo ospedale ci sembrava più accogliente dal punto di vista umano.
Io mi stavo rendendo conto che la malattia era una “brutta bestia” e cercando su internet ho trovato l’associazione AIMAC dove ho letto molte storie a lieto fine, ma anche con un finale nefasto. Mio marito ha affrontato per 15 mesi tre tipi di chemioterapie, senza avere grossi effetti collaterali (tipo nausea, vomito, diarrea ecc…). Però ha avuto un forte dimagrimento (circa kg. 25) diminuzione dei globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, abbassamento dei valori della glicemia e della pressione, inoltre si sono formati dei trombi ai polmoni e una trombosi venosa profonda al femore della gamba destra. Infine si è formata una ascite all’addome (contemporaneamente a gonfiore degli arti inferiori) e un’insufficienza renale.
Mio marito ha affrontato tutta la malattia con tanta voglia di vivere e di combattere, ma non ce l’ha fatta! Fortunatamente ha avuto dolore soltanto l’ultima notte prima di morire, non ha sofferto di stitichezza e non ha avuto episodi di diarrea .
Io sono stata contenta di poterlo tenere a casa fino all’ultimo momento e farlo sentire amato da me e dai figli; lui ci ha lasciato con la speranza di potersi riprendere e di poter affrontare nuovamente la terapia e combattere la malattia.
Ho deciso di condividere la mia storia, perché possa essere d’aiuto ad altre donne che si dovessero trovare nella mia situazione. Bisogna affrontare tutto con la razionalità della testa e con la speranza del cuore.
"IN QUESTO PERCORSO MAURO CI HA INSEGNATO CHE “DALLA VITA SI IMPARA A MORIRE”.