Mi chiamo Paola, ho 62 anni e sono grafica e illustratrice. Sposata da sei anni con quello che è da trenta il mio compagno di vita, amo leggere, camminare in montagna andare in bicicletta. Mi sono avvicinata anche al teatro, come attrice dilettante, pratico yoga e da poco ho iniziato a intrecciare cesti di vimini.
Sono una persona attenta alla mia salute, ho uno stile di vita sano e curo la mia alimentazione da molti anni. Nonostante questo, qualche mese dopo aver fatto una mammografia in uno degli ultimi giorni di libertà prima del lockdown del 2020, mi sono scoperta un linfonodo ingrossato sotto l’ascella. Ho fatto tutta la mia serie di esami e di visite sperando ovviamente in un falso allarme, e mi sono ritrovata prima con una mastectomia da subire, e immediatamente dopo l’intervento con la scoperta di essere già metastatica, al fegato e alla colonna.
In quel momento mi sono sentita, oltre che spaventata, anche molto arrabbiata con la narrazione che circola sul cancro al seno, dove pare che curando la prevenzione – primaria e secondaria – vada tutto bene.
Nessuno racconta che nonostante tutti i controlli e tutte le precauzioni puoi ritrovarti da un momento all’altro con una diagnosi così pesante.
Ringrazierò per sempre il mio oncologo per la sua umanità, quando al momento della diagnosi – vedendo che io non avevo nemmeno la forza di chiedere niente – mi ha tranquillizzato dicendomi che non sarei guarita ma che avrei potuto vivere ancora “parecchio” tempo curandomi (e io non ho mai chiesto a cosa corrispondesse “parecchio”).
Ho avuto poi la fortuna di avere sostegno in mio marito (già uscito anche lui da un tumore), nelle amicizie e anche in un prezioso supporto psicologico trovato in ospedale.
Faccio sempre fatica a raccontare la mia storia a chi mi chiede come va, perché solo ora che ci sono dentro anch’io mi rendo conto che c’è poca informazione sul cancro al seno metastatico, e risulta difficile dire che non ci sarà mai guarigione: le persone a volte non capiscono questa cosa, e gli incoraggiamenti tipo “sei una roccia” o “sei una guerriera” sono veramente odiosi, dato che la guarigione non dipende certo dal mio comportamento.
Ovviamente tutto questo mi ha cambiata, sfido chiunque ad attraversare una tempesta così e ad uscirne uguali. Tutto quello che prima capivo a livello razionale ma non mettevo in pratica ora è diventato facile da fare: cerco di vivere al meglio e pienamente ogni giorno senza più rimandare progetti a un futuro più o meno vicino, a quando me lo potrò permettere, a quando avrò il tempo. Nei momenti più difficili, e sono tanti, chiedo una seduta alla mia psicologa che riesce a tranquillizzarmi fino alla prossima volta…
Riguardo ad Aimac, ho trovato l’associazione nel primo periodo della malattia, quando volevo sapere e documentarmi il più possibile attraverso siti “sicuri”, e mi sono stati piuttosto utili i libretti sui vari aspetti della malattia. E mi fa piacere condividere la mia storia, in primis perché vorrei che si sapesse che non sempre la prevenzione e gli stili di vita aiutano ad evitare di ammalarsi, e non per fare terrorismo ma perché nessuno si senta spiazzato come mi sono sentita io, ma vorrei anche che si sapesse che siamo in tantissime ammalate di cancro al seno metastatico, e che si spingesse ancora di più per fare ricerca anche sulla nostra malattia.