Solitamente l’iter diagnostico comincia dal medico di medicina generale che, dopo la visita, prescrive gli esami del caso e, se lo ritiene opportuno, suggerisce di consultare un senologo per una più approfondita valutazione ed eventuale esecuzione di ulteriori esami. Tuttavia, attraverso il programma di prevenzione, molto spesso la diagnosi avviene grazie alla mammografia in donne asintomatiche.

Le metodiche più utilizzate per formulare la diagnosi sono:

Mammografia: il migliore metodo di diagnosi per le donne di oltre 50 anni.

Mammografia con mezzo di contrasto: nuova metodica che permette di avere informazioni sovrapponibili a quelle della risonanza magnetica nucleare e può essere usata in sua sostituzione nelle donne di oltre 50 anni.

Ecografia: tecnica radiologica che utilizza le riflessioni di un fascio di ultrasuoni per formare un’immagine degli organi interni del corpo. Consente di stabilire la natura di un nodulo, differenziando anche i noduli solidi dalle cisti. Una piccola sonda ecografica emette un fascio di ultrasuoni, le cui riflessioni sono convertite in immagini tramite un computer. All’interno della sonda è possibile collocare un dispositivo che permette di visualizzare i vasi sanguigni e il relativo flusso del sangue al loro interno. Ciò è molto utile perché la presenza di un tumore modifica il flusso sanguigno. L’ecografia è indolore e dura solo pochi minuti.

Nelle donne giovani con mammelle in cui prevale il tessuto ghiandolare, l’ecografia permette una valutazione più accurata della mammografia.

Risonanza magnetica nucleare (RMN): tecnica radiologica che utilizza i campi magnetici per elaborare immagini dettagliate delle strutture interne dell’organismo. Per la migliore riuscita è indispensabile rimanere sdraiate e ferme quanto più possibile sul lettino collocato all’interno di un cilindro di metallo. Prima di entrare nel cilindro è necessario rimuovere ogni oggetto metallico. I nuovi macchinari consentono anche ai portatori di pacemaker o protesi metalliche di sottoporsi in sicurezza alla RMN, salvo rare eccezioni. Se si soffre di claustrofobia, è opportuno informare il medico. L’intera procedura può richiedere fino a un’ora ed è indolore. Spesso, per ottenere immagini più chiare, viene iniettato per via endovenosa un mezzo di contrasto.

Agobiopsia: procedura che permette di prelevare dal nodulo mammario alcuni campioni di tessuto utilizzando un ago di calibro più grande di quello usato per l’agoaspirato. Si effettua in anestesia locale. Il materiale prelevato è analizzato in laboratorio da un anatomo-patologo. Dopo l’esame, nell’area sede del prelievo possono formarsi uno o più ematomi in funzione del numero di prelievi eseguiti che scompaiono entro un paio di settimane.

Agoaspirato: procedura ambulatoriale semplice e di breve durata che permette di prelevare dal nodulo mammario (o, più spesso, da un linfonodo ascellare ingrossato) un campione di cellule utilizzando un ago sottile e una siringa. Il materiale prelevato è analizzato in laboratorio per stabilirne la natura. Essendo la mammella sensibile, la procedura può risultare leggermente fastidiosa. Generalmente il prelievo è effettuato sotto controllo radiografico o ecografico in modo che il medico abbia la certezza di averlo eseguito all’interno della lesione.

Analisi del sangue: servono per controllare le condizioni generali della paziente.

Biopsia escissionale: asportazione chirurgica dell’intero nodulo, che viene poi analizzato in laboratorio. Si esegue in anestesia generale o locale; può richiedere il ricovero per una notte, ma in alcuni centri si effettua come intervento ambulatoriale (o di day surgery).

Nonostante l’impiego delle più moderne tecnologie e i progressi della ricerca consentano oggi di individuare i tumori quando sono ancora piccolissimi e non palpabili, ai fini della diagnosi precoce continua a rivestire un ruolo importante l’autoesame del seno, che la donna deve eseguire periodicamente 4-5 giorni dopo il termine delle mestruazioni per acquisire una profonda conoscenza del proprio seno ed essere in grado di riconoscere eventuali cambiamenti nelle diverse fasi del ciclo mestruale e alterazioni, anche minime, che rendono una mammella ‘diversa dal solito’.

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