Lo scopo della chirurgia dipende dall'apparente diffusione del tumore. Se questo appare limitato all'ovaio o alle ovaie, l'intervento mira ad asportare la massa tumorale e ad eseguire varie biopsie per stabilire la reale diffusione della malattia. È necessario, pertanto, effettuare l'asportazione dell'omento (omentectomia), biopsie del peritoneo e dei linfonodi nella pelvi e nell'addome. Alle donne giovani affette da malattia in stadio iniziale e desiderose di avere figli, il chirurgo può proporre un intervento conservativo, preservando almeno un ovaio con la sua tuba e l'utero.
Nei casi in cui il tumore sia già diffuso in addome, lo scopo della chirurgia è di asportare tutto il tumore visibile. Ottenere tale risultato può richiedere un intervento molto complesso, che quindi non è indicato in tutte le pazienti (ad esempio donne anziane, cardiopatiche o in condizioni generali molto scadute).
L'intervento si esegue praticando un'incisione verticale sull'addome e generalmente prevede la rimozione di entrambe le ovaie e le tube (annessiectomia bilaterale), dell'utero e della cervice (isterectomia totale), come anche dell'omento (omentectomia). In più, il chirurgo può eseguire biopsie multiple, asportare i noduli sospetti e i linfonodi coinvolti. La rimozione di tutta la malattia visibile rende spesso inevitabile la resezione di tratti dell'intestino, che si può rendere necessaria anche perché l'intestino può essere del tutto o in parte bloccato, impedendo o rallentando il passaggio di feci e gas. In tali casi alimentarsi diventa difficile e gli episodi di vomito sono frequenti. Il chirurgo può procedere alla resezione dell'ansa intestinale interessata dal tumore, riunendo poi le due estremità. Nel caso in cui questo sia impossible, o le condizioni generali della paziente richiedano di proteggere temporaneamente la sutura evitando il passaggio delle feci il chirurgo può confezionare una colostomia o un'ileostomia (derivazione delle feci all'esterno).
Non è raro che il tumore dell'ovaio si ripresenti a distanza di alcuni mesi o anni, più spesso nella cavità addominale. In tali casi, la chirurgia può essere consigliata solo se la recidiva è ritenuta potenzialmente asportabile in modo completo o se insorgono sintomi che richiedono l'intervento.
Dopo l'intervento
Questa è una fase importante della convalescenza. Sarete incoraggiate ad alzarvi e a camminare quanto prima possibile, e anche se sarete costrette a stare a letto, gli infermieri vi sproneranno a eseguire esercizi regolari con le gambe e esercizi di respirazione profonda.
Flebo e drenaggi
Al ritorno in reparto dalla sala operatoria, sarete sottoposte a un'infusione per endovena di liquidi e sali minerali fino a che non sarete in grado di mangiare e bere. Ciò avviene di solito dopo le prime 24-48 ore. In vescica sarà inserito un piccolo catetere per drenare l'urina in un'apposita sacca fino a quando non riacquisterete completamente lo stimolo vescicale (di solito per un paio di giorni).
È possibile che alla ferita sia applicato un tubicino di drenaggio, che sarà rimosso alcuni giorni dopo l'intervento.
La ferita
A meno che l'intervento non sia stato limitato alla sola rimozione di un ovaio e della tuba corrispondente, la ferita si estende da sopra il pube fino a sopra l'ombelico. È chiusa con punti di sutura o punti metallici, ed è di solito protetta con un bendaggio. La regione intorno alla ferita può apparire arrossata e gonfia a causa dell'accumulo di sangue o di linfa, ma questi segni scompaiono gradualmente nell'arco di qualche settimana. Talvolta, la raccolta di linfa o di sangue potrebbe raggiungere proporzioni tali da richiedere un drenaggio da parte del personale medico-infermieristico. Si tratta di un'evenienza spiacevole, ma anche questa tende a scomparire di solito nell'arco di qualche settimana. I punti sono tolti non prima di sette giorni, ma se sono riassorbibili si dissolvono e non è necessario rimuoverli.
Dolore o fastidio
Nei primi giorni dopo l'intervento potreste accusare dolore o fastidio intorno alla ferita, che potranno essere controllati con la somministrazione di analgesici. Se il dolore non si placa, informate al più presto l'infermiera che vi assiste, o il medico curante se sarete già state dimesse, in modo che possano somministrarvi gli analgesici più efficaci.
La degenza
La durata del periodo di degenza dipende dall'estensione dell'intervento chirurgico. Normalmente varia da 4 a 10 giorni, ed è possibile fare ritorno a casa anche prima della rimozione completa dei punti di sutura. Non si possono, tuttavia, escludere eventuali complicanze che prolunghino i tempi di degenza.
Prima di essere dimesse viene fissato l'appuntamento per il controllo postoperatorio presso l'ambulatorio. È a questo punto che, solitamente, i medici comunicano l'esito dell'esame istologico e, sulla base di questo, spiegano le altre terapie eventualmente necessarie. È questo il momento giusto per discutere di tutti gli eventuali problemi insorti dopo l'intervento, delle terapie cui dovrete essere sottoposte e delle loro eventuali complicanze.
Avere cura di se stesse
Una volta a casa, riguardatevi, cercando di riposare molto per recuperare le energie fisiche e anche psicologiche, e seguite una dieta ben bilanciata. È bene evitare un'attività fisica stressante o sforzi fisici eccessivi - per esempio sollevare pesi - per almeno tre mesi. È consigliabile non guidare per circa 4-6 settimane. Per i primi tempi può dare fastidio anche indossare la cintura di sicurezza.
La vita sessuale
Una delle paure più frequentemente espresse dalle donne che hanno subito un'isterectomia riguarda le ripercussioni dell'intervento sulla vita sessuale. Bisogna tener presente che l'intervento chirurgico non compromette le vie nervose periferiche da cui nascono e attraverso cui si sviluppano le sensazioni del piacere sessuale, ma poiché è importante consentire alla ferita di cicatrizzare nel miglior modo possibile, i medici solitamente consigliano di aspettare almeno otto settimane prima di riprendere l'attività sessuale.
Molte donne non hanno alcun problema all'atto del primo rapporto, mentre altre hanno la sensazione che la vagina sia più corta e che abbia un'angolazione leggermente diversa. Ciò significa che le loro sensazioni e la risposta all'eccitazione sessuale sono diverse. Tutto ciò può essere frustrante. Tuttavia, si deve considerare che il piacere sessuale non è solo un fatto esclusivamente organico, ma dipende, in gran parte, dalle sensazioni che ciascuna donna prova in un determinato momento. Pertanto, non esiste una regola generale su quando riprendere i rapporti intimi e come comportarsi. Se alcune donne si sentono subito pronte a stare col proprio partner, altre hanno bisogno di più tempo per elaborare i propri stati d'animo.
Un'altra paura diffusa è che la malattia possa essere trasmessa al partner attraverso il rapporto sessuale. Ciò non è affatto vero, e riprendere l'attività sessuale non pone alcun rischio né per voi né per il vostro partner.
Menopausa precoce
Nelle donne giovani, che sono ancora in età fertile, l'asportazione delle ovaie causa la menopausa precoce con gli effetti che questa comporta (vampate di calore, secchezza della cute, secchezza della vagina, dolore durante il rapporto, calo del desiderio e osteoporosi). Nella maggior parte dei casi questi disturbi possono essere controllati utilizzando terapie ormonali a basso dosaggio (che sono di solito sconsigliate nei casi a più alto rischio di recidiva e sottoposti a chemioterapia), gel lubrificanti da utilizzare prima dei rapporti sessuali o terapie mirate a rinforzare le ossa.
La fertilità
Dopo l'isterectomia e l'ovariectomia un senso di perdita accompagna soprattutto le donne che sono ancora in età fertile e che, in conseguenza di un intervento necessario per la salute, non potranno più avere figli. Tutte le pazienti, a prescindere dall'età, potrebbero sentirsi colpite nella loro identità femminile. Si tratta di stati d'animo comuni a molte donne nel periodo postoperatorio. Potrebbe essere utile condividere le proprie ansie e paure con il partner oppure parlare anche con uno psicologo.