La chirurgia rappresenta il trattamento più importante per la maggior parte dei casi di tumore dello stomaco. Negli ultimi dieci anni sono stati compiuti progressi notevoli, non soltanto perché oggi la malattia è diagnosticata e trattata in una fase sempre più precoce, ma anche perché sono state messe a punto tecniche chirurgiche più avanzate.

L’intervento di asportazione dello stomaco si chiama gastrectomia; può essere parziale o totale. Nella gastrectomia parziale il chirurgo rimuove soltanto la parte di organo interessata dalla malattia; nella gastrectomia totale il chirurgo asporta l’intero stomaco. Il chirurgo deve asportare anche i linfonodi adiacenti allo stomaco non solo allo scopo di verificare se siano già stati invasi dalle cellule tumorali, ma anche per migliorare le possibilità di cura. A seconda delle dimensioni del tumore, il chirurgo potrebbe considerare anche l’asportazione parziale di altri organi, quali la porzione inferiore dell’esofago, la milza e parte del pancreas, il colon trasverso. Nel caso la porzione inferiore dell’esofago sia rimossa, e in genere in tutti i casi di gastrectomia totale, l’organo è collegato direttamente all’intestino tenue.

Talvolta il chirurgo può decidere di far precedere l’intervento vero e proprio da una laparoscopia, una procedura chirurgica meno invasiva che consiste nell’inserire nell’addome, attraverso una piccola incisione, un tubo alla cui estremità è collegata una minitelecamera allo scopo di valutare la situazione e decidere la tipologia del successivo intervento. La laparoscopia si esegue in anestesia generale. La zona resta leggermente dolente soltanto per qualche giorno.

Qualora il tumore impedisca il passaggio degli alimenti dallo stomaco all’intestino, il chirurgo può decidere di creare un collegamento tra stomaco e intestino tenue per aggirare l’ostruzione. Quest’intervento, che prende il nome di bypass, serve solo per ridurre i sintomi causati dalla malattia, ma non per curarla. Il bypass può essere talvolta sostituito dal posizionamento di una protesi in endoscopia, evitando in tal modo i rischi di un intervento chirurgico tradizionale e consentendo al paziente una discreta alimentazione.

Se la malattia è in fase iniziale, dopo la gastrectomia potrebbe non essere necessario effettuare altre terapie.

Dopo l’intervento

Il paziente sarà sottoposto a infusione per endovena (somministrazione goccia a goccia) di liquidi e sali minerali fino a quando non sarà in grado di mangiare e bere autonomamente. Inoltre, gli sarà applicato anche un sondino naso-gastrico allo scopo di drenare i liquidi che si accumulano a causa della stasi gastrica dovuta all’anestesia e all’intervento (tranne nei casi di asportazione totale dello stomaco) in modo da prevenire l’insorgenza di senso di nausea e vomito. Di norma il sondino naso-gastrico è rimosso entro 48-72 ore.

In seguito all’anestesia, i movimenti intestinali rallentano per cui è importante non bere fino al ripristino della motilità intestinale (di solito entro 48-72 ore).

Talvolta s’inserisce in vescica un piccolo catetere per drenare l’urina in un’apposita sacca. Il chirurgo potrebbe ritenere opportuno applicare in addome un tubo di drenaggio per evitare l’accumulo di liquidi in eccesso e per controllare eventuali emorragie. Il drenaggio è rimosso entro 24-72 ore.

È abbastanza normale accusare fastidi o dolore per alcuni giorni dopo l’intervento, ma esistono diversi tipi di analgesici molto efficaci per il controllo del dolore. Se il sintomo doloroso persiste, informare al più presto il medico del reparto o, nel caso si sia già fatto ritorno a casa, il medico curante in modo che possa prescrivere un analgesico più efficace.

Il periodo di degenza in ospedale dipende dall’estensione dell’intervento chirurgico, anche se i programmi attualmente seguiti rispondono ai criteri del protocollo ERAS mirati a fare riprendere la completa funzionalità al paziente il prima possibile Dopo una gastrectomia, il ritorno a casa è possibile in media nell’arco di 7-10 giorni. Non si possono, tuttavia, escludere a priori eventuali complicanze che prolunghino i tempi di degenza.

Prima delle dimissioni è di norma fissato un appuntamento con il medico oncologo. È questo il momento per discutere eventuali problemi che si dovessero presentare dopo l’intervento chirurgico.

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