Solitamente l’iter diagnostico comincia dal medico di famiglia, che, dopo la visita, può prescrivere degli accertamenti e, se lo ritiene opportuno, suggerisce di consultare un ematologo o un oncologo per una più approfondita valutazione ed eventuale esecuzione di ulteriori indagini.
La certezza della diagnosi si ha con la biopsia, che consiste nel prelievo di un frammento di linfonodo, o dell’intera ghiandola, e nel successivo esame al microscopio. La procedura si esegue di solito ambulatorialmente in anestesia locale, ma la biopsia dei linfonodi profondi dell’addome o del torace potrebbe richiedere l’anestesia generale.
Oggi, la disponibilità di sofisticate tecniche di ago-biopsia, eseguite sotto guida TC in anestesia locale, ha reso la fase diagnostica meno rischiosa e ha ridotto i tempi di attesa del risultato. Tuttavia, non sempre il materiale prelevato è adeguato per la diagnosi ed è necessario procedere a una nuova biopsia di un linfonodo intero.