L’adozione è una scelta perseguibile anche per la donna che ha avuto un tumore. E benché ogni caso debba essere valutato singolarmente, in generale non vi sono impedimenti legittimi o etici, e anche in Italia vi sono donne, ma anche uomini, diventati genitori adottivi dopo una storia di cancro.
La pregressa diagnosi di tumore non è di per sé motivo di inidoneità all'adozione. Anche una persona malata o disabile può essere ritenuta idonea ad accogliere un bambino in famiglia; l’importante è che non vi sia un rischio concreto e attuale per la sopravvivenza dell'aspirante genitore (con i limiti per questo tipo di previsione) o della sua capacità di crescere e accudire il bambino.
La procedura per ottenere l’idoneità all’adozione è lunga e complessa. Una volta presentata la domanda al Tribunale dei Minorenni, inizia la delicata fase delle indagini miranti ad accertare i requisiti di base e lo stato di salute dei coniugi, il loro ambiente familiare e le ragioni per cui desiderano adottare. È probabile che all'aspirante genitore con storia di cancro siano richiesti ulteriori accertamenti sanitari o incontri più lunghi e ripetuti con lo psicologo.
L’adozione può essere nazionale (bambino nato e residente in Italia) e internazionale (bambino nato e residente in uno stato estero). Per aumentare le possibilità di successo e ridurre i tempi, essendo la procedura comune, è consigliabile presentare la domanda di adozione nazionale, dichiarando anche la disponibilità all'adozione internazionale.
Al termine delle indagini, il Tribunale dei Minorenni competente riceve dai servizi dell’ente locale la relazione psico-sociale conclusiva sulla base della quale unitamente agli altri elementi raccolti durante la fase istruttoria, decide se concedere l’idoneità all'adozione.