L’immunoterapia (detta anche terapia biologica o bioterapia) serve a potenziare l’azione del sistema immunitario contro la malattia attraverso la somministrazione di farmaci detti anticorpi monoclonali.

Al giorno d’oggi, una delle principali innovazioni nel trattamento del melanoma viene dalla maggiore comprensione dei meccanismi per il riconoscimento dei tumori maligni da parte del sistema immunitario. In pratica, il sistema immunitario può essere paragonato a una macchina in cui l’acceleratore è costituito da alcune sostanze che insieme ad altre stimolano la risposta immunitaria, il freno da sostanze che limitano la velocità e potenza del sistema immunitario, e lo sterzo ‘guida’ la risposta immunitaria in modo da dirigerla sicuramente contro le cellule tumorali. Uno dei freni alla velocità di risposta del sistema immunitario è rappresentato dalle proteine CTLA-4 e PD1/PD-L1. Il PD1 è un recettore (il suo ligando è principalmente il PD-L1) che è presente direttamente sulle cellule tumorali e costituisce un potente freno alla risposta del sistema immunitario. Normalmente tale azione frenante è necessaria per evitare che una reazione eccessiva del sistema immunitario finisca con il danneggiare l’organismo. Il melanoma è in grado di utilizzare questo ‘freno’ per non essere riconosciuto e aggredito dal sistema immunitario. La terapia con farmaci diretti contro queste proteine consente di rimuovere il freno in modo che il sistema immunitario possa riconoscere il tumore e svolgere la sua azione di difesa ‘a pieno regime’. Inoltre, i farmaci immunoterapici si sono dimostrati molto efficaci nel favorire la cronicizzazione della malattia, vale a dire che il paziente continua a tenere sotto controllo la malattia a lungo, a volte, convivendo anche con le metastasi, con conseguente significativo prolungamento della sopravvivenza.

L’immunoterapia del melanoma viene somministrata per endovena e si basa attualmente sui seguenti farmaci:

  • ipilimumab si somministra in regime di day hospital, per 4 cicli totali con un intervallo di tre settimane tra un ciclo e l’altro;
  • nivolumab si somministra ogni 2 settimane oppure, con una dose doppia, ogni 4 settimane;
  • pembrolizumab si somministra ogni 3 settimane oppure, con dose doppia, ogni 6 settimane.

Il trattamento con nivolumab oppure pembrolizumab deve essere continuato finché si osserva un beneficio clinico nel paziente.

Recenti studi hanno infine dimostrato attività ed efficacia della combinazione dell’inibitore di CTLA-4 ipilimumab e dell’inibitore di PD-1nivolumab. Tuttavia, a fronte della maggiore efficacia clinica della combinazione di questi due farmaci rispetto al loro impiego da soli, è stata riscontrata una maggiore incidenza di eventi avversi anche di grado elevato.

Effetti collaterali

Gli effetti collaterali più frequenti causati dall’immunoterapia sono arrossamento e prurito, colite, diarrea, aumento delle transaminasi, alterato o ridotto funzionamento delle ghiandole endocrine (quali la tiroide e l’ipofisi).

Il trattamento con gli inibitori di PD-1 (pembrolizumab e nivolumab) ha effetti collaterali più tollerabili rispetto all’inibitore di CTLA-4 ipilimumab. In genere, la maggior parte degli effetti collaterali è gestibile con terapia sintomatica o con il cortisone. È importante, in caso di effetti collaterali, contattare immediatamente il medico di riferimento per iniziare subito la terapia con cortisone.

è basso il numero dei pazienti in cui il trattamento con inibitori di PD-1 deve essere interrotto per gli effetti collaterali.

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