Solitamente l’iter diagnostico comincia dal medico di medicina generale, che, dopo la visita, prescrive gli esami e le radiografie del caso e, se lo ritiene opportuno, suggerisce di consultare l’endocrinologo per una più approfondita valutazione ed eventuale esecuzione di ulteriori esami.

Analisi del sangue: le analisi del sangue non consentono di diagnosticare un tumore della tiroide; tuttavia, viene eseguito il dosaggio della tireotropina per valutare lo stato funzionale della tiroide, ossia verificare se è presente ipotiroidismo o ipertiroidismo. Il livello della tireotropina è, spesso, l’indice che meglio rappresenta lo stato funzionale della tiroide. Nella maggior parte dei casi, la presenza della malattia non altera il funzionamento della tiroide e i livelli degli ormoni tiroidei triiodotironina (T3) e tiroxina (T4) sono generalmente normali. Nei casi in cui alla comparsa di un nodulo corrisponda un aumento dei livelli degli ormoni tiroidei e un abbassamento del livello della tireotropina, il nodulo è generalmente benigno.

Ecografia: si esegue per valutare le caratteristiche morfologiche della tiroide e del nodulo. Usa le riflessioni degli ultrasuoni emessi da una piccola sorgente che, opportunamente convertite in immagini per mezzo di un computer, servono per visualizzare le strutture interne del collo e della tiroide.

Dopo aver fatto sdraiare il paziente sul lettino il medico spalma sulla superficie anteriore del collo un sottile strato di gel, che migliora il contatto con la cute di un piccolo strumento, simile a un microfono, che emette gli ultrasuoni e riceve le loro riflessioni. Facendolo scorrere sul collo, il medico può visualizzare sul monitor le immagini che gli forniscono informazioni sulle condizioni della tiroide, sulla natura di eventuali noduli, riconoscendo quindi se sono solidi oppure se si tratta di cisti, sulle dimensioni dei noduli e sui loro rapporti con le strutture circostanti. L’ecografia non comporta rischi o fastidi per il paziente.

Scintigrafia tiroidea: fornisce informazioni sulle caratteristiche funzionali della tiroide, ossia sulla sua capacità di captare e concentrare lo iodio. Per questo, prima dell’esame si somministra, generalmente per bocca, una soluzione contenente iodio radioattivo; in alternativa si utilizza un’iniezione endovenosa di tecnezio 99.

Se un nodulo capta più iodio del tessuto normale si definisce caldo; se, invece, la captazione è più bassa o assente si definisce freddo. I noduli caldi sono generalmente benigni, mentre quelli freddi sono sospetti perché indicano un’alterazione della funzione delle cellule follicolari e possono nascondere un tumore in circa il 5% dei casi. Se la scintigrafia mette in evidenza un nodulo freddo, è opportuno valutare, tenendo anche conto delle caratteristiche rilevate all’ecografia, l'esecuzione di  una biopsia mediante ago sottile (vedi sotto) per escludere o confermare l’esistenza di cellule sospette.

La scintigrafia non comporta rischi o fastidi significativi per il paziente, tenuto anche conto che il rischio radiologico è minimo, perché la dose di isotopo radioattivo utilizzata è molto bassa. In ogni caso non deve essere effettuata nelle donne in gravidanza e che allattano per evitare danni alla tiroide del nascituro o del bambino.

Biopsia mediante ago sottile (agoaspirato): consiste nell’introdurre delicatamente un ago sottile nel nodulo presente nel collo. Generalmente il medico preferisce eseguire l’esame sotto guida ecografica (vedi sopra) al fine di dirigere con maggior precisione l’ago nella regione desiderata. L’ago preleva dal nodulo alcune cellule, che sono poi trattate adeguatamente per l’esecuzione dell’esame citologico, che serve a individuare l’eventuale presenza di cellule tumorali. 

Biopsia dei linfonodi: se i linfonodi del collo sono ingrossati e vi è il sospetto che possano contenere cellule tumorali, si procede alla biopsia con ago sottile anche dei linfonodi. Per aumentare la sensibilità dell’esame citologico nell’individuare l’eventuale diffusione del tumore (metastasi), sul liquido di lavaggio dell’ago utilizzato per la biopsia si esegue il dosaggio della tireoglobulina e della calcitonina, due sostanze prodotte, rispettivamente, dai tumori non midollari e da quelli midollari. Quando la biopsia dei linfonodi non è praticabile o non riesce a fornire materiale sufficiente per un esame accurato, è necessario eseguire una biopsia chirurgica. In questo caso, dopo anestesia locale o generale, il chirurgo pratica una piccola incisione nella cute in prossimità del punto in cui è localizzato il linfonodo sospetto e lo asporta.

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