Concluse le terapie, la paziente deve sottoporsi a controlli periodici che comprendono visite mediche, alcuni esami strumentali (mammografia bilaterale con/senza ecografia mammaria) e analisi del sangue. È questo ciò che i medici definiscono convenzionalmente follow-up. La frequenza dei controlli è inizialmente ravvicinata (sei mesi) fino al quinto anno, poi annuale fino al decimo anno). Inoltre, se la paziente è in trattamento con la terapia ormonale oppure accusa effetti collaterali dopo la chirurgia, la radioterapia o la chemioterapia, i controlli con l’oncologo possono essere più frequenti.

Se nei periodi di intervallo tra un controllo e l’altro la paziente ha dei problemi o avverte nuovi sintomi, la paziente deve contattare il medico di famiglia o l’oncologo. Non vi è alcuna indicazione a eseguire periodicamente esami radiologici (radiografia del torace, ecografia dell’addome, TC e RMN o PET) in quanto non è dimostrato che ciò consenta di aumentare la sopravvivenza dopo un’eventuale recidiva. Pertanto, tali esami potranno essere richiesti, a giudizio del medico, sulla base dei sintomi riferiti o di alterazioni agli esami del sangue meritevoli di un approfondimento.

Terapia ormonale sostitutiva

Dopo un trattamento per carcinoma mammario è di solito sconsigliata la terapia ormonale sostitutiva per ritardare la menopausa o alleviarne i sintomi, giacché gli estrogeni contenuti nel farmaco potrebbero favorire la recidiva. Tuttavia, se i sintomi della menopausa sono molto fastidiosi, il ginecologo può prescrivere dei farmaci per tenerli sotto controllo. Come regola generale, è importante che questi farmaci non contengano estrogeni o sostanze con struttura simil-estrogenica. Da qualche anno è disponibile l’ospemifene, un farmaco simile al tamoxifene, molto utile per contrastare gli effetti della menopausa e non dannoso per le pazienti che hanno completato la terapia adiuvante per tumore al seno.

La fertilità dopo il trattamento

È ancora possibile avere figli dopo il trattamento di un carcinoma mammario in fase iniziale? La ricerca più recente è concorde nell’affermare che una gravidanza dopo una diagnosi di tumore della mammella non aumenta le probabilità di recidiva. Secondo uno studio, alcune pazienti possono sospendere per un certo periodo la terapia ormonale adiuvante per provare ad avere una gravidanza. In ogni caso, è importante discutere questi aspetti con l’oncologo ed esaminare insieme rischi e implicazioni. In ogni caso è bene aspettare un po’ di tempo dopo la conclusione del trattamento prima di programmare la gravidanza. È inoltre importante che, le donne ancora fertili utilizzino un metodo contraccettivo durante la terapia ormonale con antiestrogeni come il tamoxifene. Questo perché, anche in caso di scomparsa del ciclo mestruale, non necessariamente l’ovulazione è assente.

Infertilità

L’infertilità è l’incapacità di avere una gravidanza spontanea dopo almeno 12 mesi di rapporti sessuali non protetti; nelle donne con diagnosi di tumore della mammella la causa più frequente di infertilità è rappresentata dalla chemioterapia.

Nel caso in cui le terapie antitumorali comportino il rischio di non poter avere più figli, per preservare la funzione riproduttiva è possibile ricorrere alle tecniche di crioconservazione di tessuto ovarico (prelevato mediante biopsia per via laparoscopica) o di ovociti prima dell’inizio delle terapie. In ambedue i casi, il materiale prelevato viene congelato e successivamente scongelato, fecondato e reimpiantato in utero per iniziare la gravidanza. Tali tecniche possono soddisfare il desiderio di avere dei figli dopo un trattamento oncologico. Inoltre, è possibile associare in corso di chemioterapia un analogo dell’LH-RH allo scopo di “mettere a riposo” le ovaie e preservarle dall’azione della chemioterapia. È molto importante che la paziente ne parli con l’oncologo prima dell’inizio del trattamento, che potrà anche inviarla da uno specialista per conoscere le opzioni più indicate.

Per approfondire:

Maggiorni informazioni sulla fertilità sono disponibili su Madre dopo il cancro

 

Contraccezione

La scelta del metodo contraccettivo è molto personale e deve essere discussa anche con il proprio partner, oltre che con lo specialista.

Il linfedema

Con questo termine si definisce il lieve gonfiore del braccio o della mano omolaterali che può svilupparsi – di solito gradualmente nel giro di pochi mesi o di diversi anni – dopo la dissezione ascellare o la radioterapia. Il braccio e la mano interessati dal linfedema sono più sensibili alle infezioni.

È importante sapere che, dal punto di vista clinico, il gonfiore che in alcuni casi compare subito dopo l’intervento, ma che di norma regredisce entro poche settimane non si definisce ‘linfedema’.

Alcuni consigli per rispettare l’igiene e ridurre il rischio di infezioni:

  • disinfettare sempre anche piccoli tagli ed escoriazioni e mantenerli puliti fino alla completa guarigione; se la ferita è infiammata o calda e dolente, consultare immediatamente il medico di base o l’oncologo;
  • mantenere la cute pulita e asciutta e usare quotidianamente una crema idratante per preservarne l’elasticità;
  • se ci si espone al sole, proteggere adeguatamente la pelle;
  • fare uso di guanti per lavare i piatti, sbrigare le faccende domestiche, eseguire attività di bricolage ed anche per accudire animali domestici o praticare il giardinaggio;
  • cucire facendo uso del ditale;
  • depilarsi le ascelle con il rasoio elettrico per evitare di tagliarsi;
  • per le manicure tagliare le unghie con le tronchesi anziché con le forbici e ammorbidire le pellicine con l’apposita crema senza mai spingerle indietro né tagliarle; idratare la cute con una crema specifica;
  • non farsi mai prelevare il sangue, misurare la pressione o praticare l’agopuntura sull’arto interessato.

Per approfondire

Maggiori informazioni sono disponibili su Il linfedema.

 

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